Luca Marotta
Il bilancio consolidato al 31 maggio 2015 di “Manchester
City Limited” si è chiuso con un utile di £ 10,7
milioni, pari a circa € 15 milioni, ad un cambio 1 € = 0,7155 £. Nel 2013/14
era evidenziata una perdita consolidata pari a £ 22,9 milioni. Per la seconda
volta consecutiva, il Manchester City, raggiungendo un fatturato di £ 351,7
milioni, ha superato la soglia dei 300 milioni di sterline e per effetto del
cambio con l’Euro si avvicina alla soglia dei 500 milioni di Euro, essendo pari
a 491,6 milioni di Euro.
Alla luce di un’approfondita analisi, tali risultati portano
a delle riflessioni di ordine “sistemico”, ossia delle riflessioni sul sistema
calcio in cui il club opera, che è quello inglese ed europeo.
Nel caso specifico del Manchester City, si può affermare che
il sistema a livello europeo, ossia l’UEFA con i suoi regolamenti, ha imposto l’attuazione
di una gestione economica equilibrata; mentre il sistema nazionale ha permesso
di realizzare dei volumi di ricavi tali da instaurare facilmente il modello di
gestione economica equilibrata.
L’organizzazione del sistema calcio inglese è diversa da
quella italiano. Innanzitutto, balza subito evidente, come differenza formale e
sostanziale, la diversa forma giuridica dell’Ente che organizza la
competizione. “The Football Association Premier League Limited” è una “private
company”, ossia una società, che è stata fondata nel 1992; mentre, la Lega
Serie A è un’associazione privata, meglio sarebbe dire un’associazione di
categoria, la cui fondazione risale al 1946. Quello inglese è un modello
societario, che richiede la presenza di manager preparati, con il compito di dare
esecuzione a quanto deciso dall’organo volitivo che è l’assemblea. Quello
italiano è un modello associativo. Sembrerebbe che anche il modello organizzativo/gestionale
della Lega italiana affondi le sue radici in quel periodo, che autorizzerebbe a
definirlo come un “residuato post-bellico”. Per quanto riguarda “The Football
Association Premier League Limited”, sul sito ufficiale si legge che ognuno dei
20 club, che partecipano alla competizione, è azionista (“shareholder”) della
stessa società. I club hanno la possibilità di proporre nuove norme o modifiche
in assemblea. Ogni Club ha diritto ad un voto e tutti i cambiamenti delle
regole e dei principali contratti commerciali richiedono la maggioranza dei due
terzi. Inoltre, sullo stesso sito è scritto chiaramente che l'obiettivo
principale della Premier League è di mettere in scena il campionato più
competitivo e interessante, con calciatori di classe mondiale, anche attraverso
la distribuzione centralizzata dei ricavi TV e commerciali. La “Barclays
Premier League” è diventata ormai un fenomeno globale. Nel 1992 c'erano solo 11
calciatori non britannici o irlandesi, che giocavano nella competizione inglese. Negli
ultimi campionati si registra la presenza di calciatori aventi circa 70
nazionalità diverse. Altro dato importante è che nel 1992, anno di costituzione
della Premier League, l'Inghilterra era al 13° posto nel ranking UEFA. Un
decennio più tardi, nel 2002, era già salita al terzo posto, dietro Liga e
Serie A, che da 16 anni erano al vertice del calcio europeo. Si aggiunga, che
esiste anche un piano a lungo termine che promuove lo sviluppo per i settori
giovanili, il sistema Academy.
Questa sistema organizzativo ha portato 1,6 miliardi di
sterline (2,2 miliardi di Euro) come ricavi per diritti televisivi solo per
l’anno 2014/15, di cui si sono giovati tutti i soci di “The Football
Association Premier League Limited”, determinando dei compensi ai singoli club
che oscillano da un minimo di 64 milioni di sterline ad una massimo di circa 99
milioni di sterline, come emerge dall’immagine seguente tratta dal sito
premierleague.com.
Per tutto il triennio 2016/17-2018/19 sono previsti 5,136
miliardi di sterline.
(Immagine tratta
dal sito della BBC)
Per quanto riguarda i ricavi televisivi, il Manchester City,
nel 2014/15, espone le seguenti voci: “Broadcasting – UEFA” per £ 32,860,000 e “Broadcasting
- All Other” per £ 102,566,000. Gli importi specifici per il campionato
risultanti dai comunicati ufficiali della Premier League ammontano a £ 98,5
milioni. Pertanto solo i ricavi TV nazionali rappresentano il 28% del fatturato
netto.
Gli ottimi risultati economici del Manchester City
sembrerebbero supportare la tesi secondo la quale il Financial Fair Play sia
uno strumento effettivamente utile per il perseguimento del suo obiettivo,
ossia migliorare la “financial stability” dei “football clubs”.
Per il Manchester City, l’impatto con le nuove regole non è
stato semplice. Il 16 maggio 2014, il City ha raggiunto un accordo con il “Club
Financial Control Body” dell’UEFA. L’obiettivo dell’accordo è stato quello di
rendere possibile che il Manchester City raggiungesse il pareggio conformemente
alle norme del Fair Play Finanziario in un breve lasso di tempo. Nel bilancio
2013/14 era evidenziata tra i costi una voce “UEFA Settlement” per £ 16,260,000,
inoltre, in base all’atto di transazione erano previste anche delle limitazioni
al numero dei calciatori iscrivibili alle competizioni UEFA.
Il giorno 11 settembre 2015, la Camera Investigativa
dell'Organo di Controllo Finanziario per Club UEFA ha confermato l'annullamento
di alcune restrizioni imposte al Manchester City. Il club, a partire dalla
stagione 2015/16, non avrà restrizioni sulla registrazione di nuovi giocatori
nelle competizioni UEFA, sul numero di giocatori inseribili nella lista A e sui
costi degli ingaggi, perché il City ha dimostrato in maniera soddisfacente alla
Camera Investigativa di aver centrato gli obiettivi finanziari legati ai costi
degli ingaggi e al pareggio di bilancio, come stabilito dall'accordo
transattivo sottoscritto per gli anni fiscali 2014 e 2015.
In effetti, nel 2014/15, il Manchester City ha ridotto il
costo del personale del 5,5%, da £ 205 milioni a £ 193,8 milioni (252,2 milioni
di Euro), con un’incidenza sul fatturato netto del 55,1%. Si pensi che nel
2009/10, l’incidenza del costo del personale sul fatturato netto era del
106,6%.
Conclusioni.
Si potrà obiettare che il Manchester City, grazie alla
proprietà facoltosa, aveva già trovato l’escamotage delle maxi-sponsorizzazioni
con parti correlate, per instaurare una gestione economica conforme ai dettami
del Fair Play Finanziario e che l’ultima edizione del Regolamento ha facilitato
e reso in qualche modo più semplice la gestione del Manchester City,
specificando meglio il concetto di “significant influence”, che si
configurerebbe solo nel caso di superamento del 30% del totale dei ricavi. Pertanto
una sponsorizzazione con parte correlata potrebbe ricevere il “nulla osta” se
rimanesse entro tale limite.
Tuttavia non si può negare, altrettanto, che anche giovandosi
dei ricavi TV del sistema nazionale, che rappresentano il 28% del fatturato
netto, il Manchester City è riuscito a raggiungere una gestione economica
equilibrata, nel senso del prevalere dei ricavi sui costi con conseguente evidenziazione
dell’utile di esercizio.
Forse è un successo del Regolamento del Fair Play
Finanziario, quello di aver inculcato nella gestione dei club che partecipano
alle competizioni europee, l’obiettivo della gestione economica equilibrata.
Scopo dei “settlement agreements “era quello di far riconoscere e accettare il
Regolamento dai club, guidandoli verso l’equilibrio attraverso la fissazione di
determinati obiettivi.
In linea di massima, si può affermare che il Regolamento del
Fair Play Finanziario, sta risultando utile per il perseguimento dell’obiettivo
di migliorare la stabilità finanziaria delle società calcistiche impegnate
nelle competizioni europee.
Infine, nel dare valutazioni sui vari modelli gestionali, bisogna
tener conto che, oltre ai modelli organizzativi/gestionali, sono soprattutto molto
importanti le persone che rivestono un ruolo decisionale all’interno di tali
modelli.
Pubblicato anche su http://www.calciomercato.com/news/il-bilancio-del-manchester-city-319290
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